di Roxie Rivera
Traduzione: Eleonora Morrea
Editing: Angela White
Cover by: Cora Graphics
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Attenzione. Spoiler: per non rovinare la lettura sono stati evidenziati con colore diverso.
Chiusi la portiera della macchina con un fianco, mentre picchiettavo sullo schermo dello smartphone in risposta a un messaggio di Lena riguardante i programmi per la festa del Ringraziamento.
Io e Ivan ci eravamo offerti di ospitare i nostri amici per le feste e sembrava proprio che avremmo avuto la casa piena.
Si stava avvicinando la data del matrimonio di Benny e Dimitri e i ragazzi non avevano il tempo né l’energia per mettere insieme un pranzo, specialmente ora che cercavano di destreggiarsi con la nuova impresa e un figlio in arrivo. Nemmeno Lena e Yuri erano in grado di cucinare e Vivian non aveva famiglia, a esclusione di suo cugino Eric, che però avrebbe trascorso le vacanze con sua madre i fratelli.
La presenza di Nikolai era ancora in discussione, ma Ivan mi aveva assicurato che avrebbe partecipato, se non altro per avere la scusa di accompagnare Vivian. Non ero sicura di cosa pensare al riguardo.
Eri in aula? Ci hai messo una vita per rispondere.
Mentre afferravo lo zaino dal portabagagli della macchina, percepii il tono imbronciato di Lena attraverso il messaggio.
No, stavo guidando. A Ivan non piace che io mi distragga mentre guido.
Non potevo raccontarle che mi aveva sorpreso mentre infrangevo questa regola qualche settimana prima, e che mi aveva punito in quel suo modo terribilmente sexy che mi toglieva il fiato. E così una sculacciata giocosa, ma severa, aveva messo fine a quella pericolosa abitudine. Prima che il mio sexy gigante russo avesse finito con me, il mio povero fondo schiena era tutto rosso e dolorante. Ovviamente, lui aveva baciato la mia pelle sofferente e calda e poi aveva usato quella bocca perversa per farmi stare meglio.
Anche adesso, a un mese di distanza, stringevo ancora le cosce per placare l’urgenza pulsante che provavo al solo ricordo del piacere che mi aveva fatto provare; in ultimo, Ivan aveva fatto l’amore con me fino a quando non ero più stata in grado di ricordare nemmeno il mio nome.
Oh bene, la sicurezza prima di tutto. Allora, Yuri ha detto che si occuperà degli alcolici. Io posso comprare dei fiori per il centrotavola?
Sollevai lo zaino sulla spalle e convenni fra me e me che era una buona idea. Avevo visto e assaggiato i rari tentativi di cucina di Lena, e lasciare che si occupasse dei fiori per il pranzo era la soluzione migliore per tutti.
Mi sembra ottimo. Ti chiamo più tardi.
Per me va bene. Ricordati che domani facciamo colazione insieme.
Ok.
Stavamo organizzando la festa di addio al nubilato di Benny, e visto la creatura che portava in grembo, sicuramente non si sarebbe trattato di qualcosa selvaggio e sfrenato. Lena aveva lanciato l’idea di trascorrere una giornata alle terme e chiudere poi la serata nell’attico libero di Yuri. Se Vivian fosse stata dei nostri, avremmo reso memorabile l’ultima notte da single di Benny.
Mentre scorrevo verso il basso le mie notifiche social, mi diressi verso la porta principale del magazzino che accoglieva la palestra di Ivan. Alla vista della facciata fatiscente dell’immobile provavo sempre il bisogno di correre dal medico per un richiamo dell’antitetanica.
Era ancora vivo dentro di me lo sgomento nello scoprire poi, al di là della parte esterna, l’ambiente luminoso, pulito e ultra moderno della palestra dotato di attrezzature all’avanguardia. In un certo senso, quel magazzino rispecchiava il proprietario.
La statura robusta di Ivan, combinata alla miriade di tatuaggi che gli segnavano le mani e il collo, insieme allo sguardo duro sul suo bellissimo viso, non ne facevano certo la persona più cordiale del mondo. Ma una volta passato oltre l’aspetto quasi terrificante, Ivan si era rivelato l’uomo più gentile e meraviglioso del pianeta. Sono andata a letto ogni notte ringraziando il cielo per aver messo sul mio cammino quell’uomo disposto ad aiutarmi quando nessun altro lo avrebbe fatto.
Spinsi la pesante porta del magazzino ed entrai nell’ambiente freddo, togliendomi gli occhiali da sole per infilarli nello zaino. Ormai ero abituata agli sguardi degli atleti che mi seguivano, e avevo imparato a ignorarli. Oltre alla receptionist che era durata meno di una settimana, sopraffatta dal testosterone imperante della clientela maschile alfa, io sono l’unica donna a cui è consentito l’accesso in palestra. Nemmeno le fidanzate e le mogli degli atleti sono ammesse.
Del resto io non ho mai abusato del mio privilegio. Fino a poco tempo fa facevo il mio ingresso solo in compagnia di Ivan, quando aveva bisogno di passare per firmare dei documenti o trattare degli affari urgenti mentre eravamo in giro per occuparci di quelle cose rassicuranti che fanno tutte le coppie, come la spesa, ad esempio.
Ivan aveva messo ben in chiaro con i suoi uomini che io ero off limits e che non avrebbe tollerato nessuna manifestazione di apprezzamento. Mi sentivo estremamente al sicuro e a mio agio intorno ai fighters, ma non ho mai oltrepassato certi limiti, come , ad esempio, mostrarmi eccessivamente amichevole nei loro confronti.
Anche se non mi sono mai vestita in maniera provocante, ho sempre fatto attenzione affinché gli orli delle gonne non salissero mai troppo sopra il ginocchio, e che le scollature non fossero mai troppo audaci.
Se da una parte mi piaceva attirare l’attenzione di Ivan quando mi tiravo un po’, dall’altra non volevo incoraggiare i ragazzi a farsi un’idea sbagliata.
C’erano le sedi giuste per vestirsi mozzafiato, ma quella palestra piena di uomini ai quali veniva imposto il celibato come parte integrante del loro allenamento, non era decisamente il posto adatto. Come giustamente aveva osservato Ivan una volta, sarebbe stato come sventolare una bistecca di fronte agli occhi di un leone affamato.
Lì dentro c’era solo un uomo che volevo banchettasse sul mio corpo e in quel momento si trovava in piedi nella gabbia al centro della palestra, impegnato a battersi con Sergei, l’unico atleta che Ivan aveva accettato di allenare e che era considerato da tutti il suo protégé.
Con i suoi quasi due metri di altezza, Ivan al confronto appariva quasi di statura media, ma entrambi sfoggiavano spalle larghe e un fisico muscoloso. Solo il mio fidanzato aveva la pelle decorata dai tatuaggi. Sorpresa dalla vista di Ivan a torso nudo e in calzoncini corti, con indosso il casco di protezione, non potevo fare a meno di rimanere immobile a osservarlo.
Per quante volte ero andata nella sua palestra, non l’avevo mai visto combattere.
Di solito rimaneva fuori dalla gabbia o in uno degli angoli, impegnato a ruggire consigli agli atleti con voce roca. Sussultai nel vederlo caricare Sergei e buttarlo a terra con successo, considerato che l’uomo era più giovane e grosso di lui. A giudicare dai fischi e dalle grida di incitamento degli uomini che assistevano al combattimento, non ero l’unica a esserne rimasta impressionata.
L’espressione di Sergei tradì la sua sorpresa, mentre si dimenava per sfuggire alla presa alla gola di Ivan che lo attanagliava con le sue gambe possenti come tronchi d’albero. Deglutii a fatica, mentre Sergei si vedeva costretto a battere con la mano segnalando la sua resa e poi accettare l’aiuto del suo allenatore per alzarsi in piedi.
Sputando il paradenti, Ivan cominciò a snocciolare suggerimenti nella sua lingua nativa. Nonostante stessi imparando diligentemente il russo, riuscii a catturare solo alcuni frammenti della conversazione.
Rimettendo il paradenti in posizione, Ivan diede un blando pugno a Sergei e lo spinse via di qualche metro. Con le braccia alzate, Sergei saltellò da un piede all’altro prima di colpire Ivan alla mascella. Istintivamente mi portai una mano alla bocca per soffocare un grido di terrore.
Riprendendosi velocemente dal colpo, Ivan sferrò un pugno con tutta la forza del suo corpo, che fece rigirare Sergei, e poi gli diede un pugno sull’altro lato della testa. Nonostante la protezione del casco, Sergei barcollò e finì contro la recinzione di supporto.
Ivan si tirò indietro e attese pazientemente che l’avversario si riprendesse. Poi i due fecero schioccare i guanti e ripresero la lotta. Più osservavo Ivan combattere, più il mio respiro si faceva difficoltoso, ma non perché temessi per la sua incolumità.
Inspirai, mentre mi guardavo intorno nervosamente. Per fortuna nessuno sembrava aver notato che i miei capezzoli si erano induriti e che le punte premevano il pizzo del mio reggiseno. Sperai vivamente che l’intricata fantasia del mio abito bianco e nero potesse nascondere il mio stato di eccitazione.
Cosa c’era di sbagliato in me?
Non riuscivo a capire perché la vista di Ivan che picchiava Sergei potesse farmi avvampare per l’eccitazione. Sicuramente non era normale. Chi era quella fidanzata che si eccitava alla vista di una scena così brutale e violenta? Apparentemente io, riconobbi silenziosamente fra me e me, mentre cercavo di ignorare il pulsare doloroso fra le cosce.
Non ho mai negato a me stessa che una delle cose che ho sempre trovato affascinante di Ivan fosse il suo lato da duro. Dopo avermi salvato a mani nude da una banda di uomini armati, mi sono sempre sentita protetta con lui. C’era qualcosa d incredibilmente affascinante nell’essere amata da un uomo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenermi al sicuro.
Ma questo? Vederlo veramente combattere su un ring?
Oh. Mio. Dio.
Volevo far correre le mie mani avide sul quel corpo scolpito e ricoperto di sudore, poi inginocchiarmi per adorarlo. Volevo sentire il suo corpo possente affondare dentro di me e quelle mani ruvide e brutali correre sulla mia pelle nuda con quella dolce intensità che avevo imparato a conoscere così bene.
Quando Ivan fece una pausa per bere, il suo sguardo puntò dritto su di me. Era solito percepire la mia presenza, e anche questa volta non fece eccezione. I suoi occhi si strinsero e la mascella si irrigidì. Strinsi forte le cinghie dello zaino chiedendomi cosa stesse pensando. Lo sapeva che stavo praticamente ansimando per lui?
Ivan indicò il suo ufficio, intimandomi silenziosamente di attenderlo lì. Non ero in grado di leggere la sua espressione; tutti quegli anni nella mafia russa gli avevano conferito una capacità che io non avrei mai potuto eguagliare: quella di celare le proprie emozioni e trincerarsi dietro una maschera impenetrabile che non riusciva a fare altro che sconcertarmi e irritarmi al lo stesso tempo.
Sicuramente gli era tornato utile quando aveva dovuto compiere gesti terribili, ma adesso? Mi irritava a morte.
Distogliendo lo sguardo dalla gabbia, mi feci strada diretta verso l’ufficio di Ivan. Chiusi la porta ma non le persiane, perché volevo godermi la scena. Lasciai cadere la borsa sulla sedia di fronte alla scrivania e mi accomodai sulla sua comoda sedia girevole in pelle, mentre avviavo il programma di contabilità.
Il direttore amministrativo era assente per motivi di salute, così io ero subentrata per sostituirlo in modo da poter mettere a frutto le mie competenze contabili, ma soprattutto trovavo che fosse un modo per ripagare Ivan della generosità che mi aveva dimostrato. Non che mi avesse mai fatto pesare anche un solo centesimo speso.
Nei primi giorni della nostra relazione mi ero sentita un po’ a disagio per tutto quello che mi aveva offerto, per non parlare del suo sostegno affinché potessi conseguire il mio master. Ho capito con il tempo che Ivan non si aspetta davvero niente in cambio. Non mi ha mai rinfacciato nulla né ha mai usato la sua generosità come arma contro di me.
Ha sempre messo in chiaro che faceva tutto perché mi amava; per lui era molto semplice e non perdeva mai occasione per dirmelo, inoltre sembrava provare un gran piacere nel viziarmi. Ci tenevo a fargli sapere che apprezzavo moltissimo le piccole attenzioni che mi riservava, come organizzare picnic o lasciarmi dei dolcetti infilati nella borsa o nei libri di testo, così come apprezzavo i gesti più ostentati.
Mi ritrovai incapace di concentrarmi sui libri paga di fronte a me, mentre continuavo a gettare uno sguardo fuori dalla finestra. Ivan e Sergei proseguivano l’allenamento mentre Paco, uno degli istruttori più fidati, gridava istruzioni.
Ora capivo perché questi uomini – legittimi combattenti e ragazzi della strada come Sergei – erano pronti a pagare cifre considerevoli, e passarne di tutti i colori sotto le stretto regime imposto da Ivan. Anche se lui ora si era ritirato, sul ring sapeva essere ancora una belva.
Più lo osservavo combattere più mi emozionavo. Stringendo le ginocchia, afferrai una bottiglia d’acqua sulla scrivania, svitai il cappuccio e bevvi un lungo sorso. Il liquido freddo mi rinfrescò la gola, ma non fece nulla per alleviare la smania che mi affliggeva.
Quando Ivan scese dalla gabbia, guardò subito verso il suo ufficio e i nostri occhi si incontrarono. Lui distolse lo sguardo solo una volta, mentre Paco gli tagliava il nastro sulle nocche delle mani. Poi scomparve brevemente nello spogliatoio per riemergerne dopo pochi minuti a piedi nudi e con un nuovo paio di pantaloncini.
Lo vidi dirigersi a grandi passi verso l’ufficio mentre si asciugava il viso con una salvietta pulita.
Consapevole del rossore eccitato che mi imporporava le guance, feci di tutto per sembrare occupata. Sentivo le farfalle nello stomaco mentre contavo i secondi che mancavano al suo ingresso.
Quando i cardini della porta cigolarono, non alzai lo sguardo immediatamente e feci finta di concentrarmi sulla colonna di numeri che appariva sul computer.
― Erin? ― Ivan pronunciò il mio nome con una voce tesa che non mi aspettavo. Quando lo guardai, concentrai lo sguardo sul suo bellissimo viso e non sui muscoli lisci e tatuati che tanto mi attraevano.
Provai di nuovo a leggere l’espressione sul suo volto, ma senza successo. C’era tensione intorno alla sua bocca e una durezza nei suoi occhi che mi sorprese.
― Sì?― Chiuse la porta, ma non si avvicinò. Stringeva l’asciugamano nelle sue mani muscolose e mi fissava. ― Non sapevo saresti passata oggi.
― I libri paga devono essere aggiornati entro martedì. Non volevo rimandare tutto all’ultimo, lunedì pomeriggio.
― Oh. ― Doveva avermi sorpreso a guardargli il petto, perché si tamponò la pelle, passando il tessuto dell’asciugamano sulle cupole, le croci e gli altri simboli che raccontavano del suo passato criminale.
― Non sapevo che tu fossi ancora in grado di combattere in quel modo.
― No, sono salito sul ring solo perché il compagno di Sergei è malato e Alexei era impegnato.― Esitò, torcendo la stoffa con le sue dita tatuate. ― Ascolta, angelo, quello che mi hai visto fare oggi sul ring… io non sono più quel tipo di uomo. Devi capire che è solo pratica, e non vedrai mai quel lato di me fuori dalla palestra.
Finalmente capii perché era così teso. Il mio cuore soffriva nel vederlo mostrare solo a me quella sua vulnerabilità. ― Lo so che non mi faresti mai del male, Ivan. Non ho paura di te.
― Non hai mai avuto motivo per avere davvero paura di me. Non mi hai mai visto così ― e fece un gesto rivolto verso la gabbia. ― Sono un uomo violento, Erin. Non dimenticarlo mai.
― Eri un sacco di cose un tempo, ma io so chi sei ora e questo è tutto ciò che conta per me. ― Volevo chiarire la faccenda e così decisi di essere sincera con lui. ― Vederti combattere non mi ha spaventato. Veramente, mi ha…ehm, eccitata.
La sorpresa gli accese lo sguardo. ― Cosa?
Deglutii con ansia. ― Mi ha eccitato molto.
La sua bocca si inclinò in quel sorriso sbilenco e un po’ fanciullesco che mi faceva galoppare il cuore. ― Davvero?
― Sì.
Mi studiò per un momento prima di girarsi e marciare verso la finestra. Lo vidi chiudere le persiane mentre afferravo il bordo della scrivania nell’attesa di capire le sue intenzioni. Quando chiuse la porta a chiave, il mio respiro si fece più affrettato. La sensazione di vacillare mi scosse, ma trovai la forza di parlare. ― Ivan, qui?
― Sì.
― Ma… adesso? Con la palestra piena di gente?
― Sì.
― Ma ci sentiranno.
― È molto probabile. ― Con uno sguardo malizioso negli occhi, si avvicinò furtivamente, poi mi sollevò dalla sedia per buttarmi sulla scrivania.
Afferrandomi per la nuca, prese possesso della mia bocca, reclamandomi con un bacio così appassionato da farmi girare la testa. Gemendo, mi aggrappai alle sue forti braccia mentre sotto i polpastrelli percepivo il flettersi dei suoi muscoli possenti. Il calore che irradiava dal suo corpo mi stordiva. Feci scorrere le dita sulla sua pelle liscia e desiderai essere nuda. Come se mi avesse letto nel pensiero, Ivan mi tolse il cardigan e strattonò l’abito.
― Dov’è la cerniera?
Mentre gli tempestavo il collo di baci, risposi: ―Dietro la schiena, ma prima toglimi la cintura.
Ivan non perse tempo a liberare la cintura dai passanti e gettarla dietro di sé. Poi trovò la cerniera e la abbassò. Piantai i palmi sulla scrivania e mi sollevai quel tanto che bastava per far scorrere via il vestito, in modo che potesse passarlo sopra la mia testa e gettarlo sulla sedia. Presto l’abito venne raggiunto anche dal reggiseno.
Poi Ivan afferrò la parte anteriore delle mie calze e dei miei slip e li abbassò giù per le cosce. Si prese inoltre il suo tempo per togliermi gli stivaletti dal tacco alto. Ero elettrizzata dalla brutalità con la quale mi stava spogliando, strattonando e tirando la stoffa per giungere in fretta alla mia pelle nuda.
Gli avvolsi le gambe intorno alla vita, lo cinsi con le spalle e lo attirai verso di me; il contatto delle nostre pelli nude mi strappò un gemito. Poi Ivan fece scivolare le dita ruvide fra i miei capelli e afferrandone una ciocca in un pugno, si impossessò della mia bocca con un bacio.
Quando mi baciava in quel modo, non potevo fare altro che reggermi forte nell’attesa della passione sfrenata che mi avrebbe travolto. Sebbene Ivan fosse sempre un amante tenero e premuroso, possedeva quel lato selvaggio e dominante che a volte non riusciva a trattenere. Come oggi.
― Oh! ― Rimasi senza fiato quando al sua bocca si posò sul mio capezzolo, succhiando selvaggia e leccando la punta rosea prima di succhiare nuovamente. Gli artigliai le spalle in preda a desideri incoerenti. La sensazione pungente della sua bocca sul mio seno giunse fino al clitoride pulsante, e lui lo sapeva.
― Sei così bagnata che posso sentire il tuo odore, Angel moy.
Qualche volta parlava in maniera così indecente che il sesso mi doleva e il mio cuore tremava. Come a dimostrare di avere ragione, fece scorrere le dita tra le mie gambe penetrandomi facilmente in profondità e facendomi gemere di piacere. ― Ivan!
― Vuoi di più? ― Entrava e usciva con le dita lentamente, così da tormentarmi. ― Forse vorresti qui la mia lingua? ― Fece roteare i polpastrelli sul clitoride, prima di immergersi nuovamente nel mio corpo umido di piacere.
― O forse vuoi qualcos’altro, qui?
Volevo tutto, ma fui costretta a scegliere. Infilai una mano nei suoi pantaloncini larghi e lo presi in mano. Ivan si spinse in avanti, inclinando i fianchi in modo che la sua erezione scivolasse contro il mio palmo. ― Voglio questo, dentro di me. ― E intrecciai la mia lingua con la sua.
― Fallo, Erin. Fammi vedere.
Consumata dalla passione e dal bisogno, non me lo feci ripetere due volte. Abbassai i suoi pantaloncini e dopo aver liberato il suo sesso, lo attirai verso di me. Amavo quando la punta sfiorava il mio clitoride e così ripetei il gesto ancora e ancora, fino a quando non sentì Ivan gemere.
Poi lo spinsi dentro di me, non prima di avvolgergli le braccia intorno al collo e di perdermi in quei suoi occhi di ghiaccio che mi avevano irretito mesi prima. ― Fammi venire, Ivan.
Ringhiando come un orso, si spinse dentro di me e con la lingua mi saccheggiò la bocca. Non c’era nulla di gentile o tenero in quel momento.
Sicuramente più tardi, nell’intimità della nostra camera da letto, ero certa che Ivan mi avrebbe amato in quel modo lento e sensuale che mi faceva rabbrividire di piacere. Ma ora mi stava mostrando un suo lato maschile primitivo, quello che mi faceva cedere le ginocchia e arricciare le dita dei piedi.
Mi penetrò con una tale forza che la scrivania tremò sotto di noi. Nonostante la musica ad alto volume e il rumore della palestra, ero sicura che gli atleti che si allenavano vicino all’ufficio potevano sentirci. Avrei dovuto sentirmi in imbarazzo, e forse sarebbe stato così una volta che la passione fosse scemata, ma in quel momento, no.
Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era quanto amassi quest’uomo e come mi facesse sentire dannatamente bene. Quando Ivan mi prese una mano per farla scivolare tra i nostri corpi uniti, sapevo già cosa voleva. Feci volteggiare le dita sul mio clitoride in quel ritmo che conoscevo bene, strofinando fino a sentire il mio sesso contrarsi intorno a quello di Ivan.
Le mie cosce si strinsero intorno alla sua vita e i miei capezzoli pulsarono incessantemente, mentre il piacere si faceva più intenso. Poco prima che precipitassi del tutto in quel piacere lussurioso, i nostri sguardi si incatenarono. Oltre la brama e il bisogno che gli offuscava lo sguardo, percepivo lo stesso amore profondo che provavo io per prima e che bastò a gettarmi oltre il limite. Seppellii il viso nel suo collo e sussurrai il suo nome più e più volte, mentre deliziose esplosioni di piacere mi facevano rabbrividire.
Con le sue mani forti, Ivan mi afferrò il sedere per sollevarmi dal tavolo e io gli strinsi le gambe intorno alla vita mentre gli catturavo la bocca e gli mostravo con un bacio infinito quanto lo amassi.
Affondò dentro di me due volte prima di arrivare così profondamente da togliermi il fiato. Potevo sentire il calore del suo sesso riempirmi mentre mi stringeva tra le braccia.
Poi, gentilmente, mi abbassò sulla scrivania rimanendo dentro di me. Tenendomi stretta a sé, fece l’amore con la mia bocca in quel suo modo languido e adorabile, sussurrandomi dolci parole. Non credo mi sarei mai stancata di sentirmi chiamare Angelo. Se Ivan parlava così, era perché ci credeva davvero.
Passandomi il pollice sulle labbra, mi sorrise. ― Forse dovrei assumerti a tempo pieno.
― Non riusciresti a lavorare.
― Questo posto praticamente va avanti da solo.
Gli pizzicai il braccio. ― Bugiardo.
― Bene, ― concesse. ― Suppongo che abbiano bisogno di me nella gabbia.
Gli accarezza il petto e i bicipiti. ― Hanno bisogno di te per molto altro ancora.
Lui mi afferrò il mento e inclinò il mio viso per guardarmi. ― E tu, angelo mio?
Scrutando il suo sguardo, gli dissi la verità, anche se mi spaventava legarmi inesorabilmente a lui. ― Ho bisogno di te come l’aria che respiro.
I suoi occhi lampeggiarono di gioia, amore e possesso. ― Ogni giorno mi sveglio nella speranza di riuscire a mostrarti quanto significhi per me, che sei fondamentale per la mia vita come l’aria, il sole, il cibo, l’acqua. Vado a letto ogni sera sapendo che non ci sono andato nemmeno vicino.
Afferrai il suo viso tra le mie mani per costringerlo a guardarmi. ―Me lo dimostri ogni giorno ― aggiunsi, e lo baciai con tutto l’amore possibile. ― Non riesco a credere quanto sia stata fortunata ad averti, Ivan. Fra tutte le donne del mondo, hai scelto proprio me.
Lo vidi sbattere rapidamente le palpebre e mi parve di cogliere un luccichio di lacrime, che sparì rapidamente così come era apparso. Ivan mi baciò la sommità della testa. ― Qualche volta mi chiedo come il fato abbia potuto cospirare per metterci insieme quel pomeriggio, quando sei venuta qui a chiedere il mio aiuto.
Appoggiai la guancia sul suo petto. Sorrisi pensando all’amore che ci apparteneva e agli amici che presto si sarebbero riuniti con noi per ringraziare di tutto il bene ricevuto:― Forse siamo solo persone molto fortunate.
FINE
Il racconto è protetto da copyright ed è stato tradotto e pubblicato con l’espressa autorizzazione di Roxie Rivera. Ogni riproduzione è riservata. Per informazioni contattare la casa editrice Follie Letterarie.