di Roxie Rivera
Traduzione: Eleonora Morrea
Editing: Angela White
Cover by: Cora Graphics
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Attenzione: SPOILER
— Sergei, dobbiamo scegliere i nomi. Oggi — disse Bianca con tono pressante. — Le infermiere mi guardano divertite e i gemelli cominceranno a pensare di chiamarsi Bambina e Bambino!
Con un sorriso alla figlia a cui aveva appena fatto il bagnetto, Sergei si mise al lavoro per infilarle una tutina rosa, usando tutta la delicatezza di cui era capace. Gli tremavano le mani mentre la vestiva, ed era sollevato all’idea che Bianca gli fosse alle spalle, così che non potesse intuire quanto quell’operazione lo rendesse nervoso. Nonostante le rassicurazioni da parte di infermieri e medici che la neonata rientrasse nelle dimensioni normali per essere una gemella, ai suoi occhi sembrava così piccola. La sua mano vicino al corpo della bambina era mastodontica.
— Come dovremmo chiamarti? Hmm? — Usò con sua figlia lo stesso tono di tenerezza che spesso riservava a Bianca, quello destinato alle persone che amava.
— Be’, scordati di suggerire ancora una volta Topolina — lo avvertì Bianca. — Le sue orecchie non sono così grandi.
Sergei con un dito tracciò i contorni delle orecchie della piccola. Erano più grandi di quelle del suo gemello e, in effetti, gli ricordavano un dolce topolino. Bianca, tuttavia, non trovava la cosa divertente.
— Cresceranno insieme a lei — decise Sergei. — Non è vero, myshka*?
— Sergei!
Lui ridacchiò, attirando l’attenzione della bambina. Dopo il latte e il bagnetto era già sul punto di addormentarsi, ma i suoi occhi scuri cercarono di concentrarsi sul viso di Sergei. Quando gli afferrò un dito con la sua manina, lui rimase senza fiato. Con un piccolo gesto, si sentiva già in suo potere. Era talmente perso nella contemplazione di quel dolce visino, da non rendersi conto che nel frattempo la piccola, scalciando, si era liberata della tutina fino a quando non gli aveva colpito un braccio con un piedino. Aveva solo due giorni ed era già un’artista della fuga in grado di competere con un Kostya ammanettato e bendato! Scuotendo la testa divertito, le afferrò le gambette e con delicatezza le infilò di nuovo la tutina.
Le sue enormi dita armeggiavano impacciate con i minuscoli bottoni a pressione. — Tutti i vestiti hanno questi aggeggi?
— Cosa, tesoro?
— Questi piccoli, ridicoli bottoni automatici — rispose mentre lottava per chiuderli. — Le mie mani non vanno bene per queste cose.
—Tesoro, sembra che tu dimentichi che io so bene di cosa sono capaci le tue mani. Un paio di minuscoli bottoni non dovrebbero costituire un problema per te.
La sua risposta impertinente gli strappò un sorriso. Si voltò a guardare sua moglie che allattava il maschietto e sorrise mentre la vedeva accarezzargli la testolina con amore. Seduta sul letto di ospedale, Bianca faceva uso di uno di quei cuscini dalla forma strana che l’aiutava a sostenere il bambino impegnato a bere il latte dal seno della madre. Poi la vide sussultare di dolore mentre si muoveva per sistemarsi meglio e si chiese quando le cose sarebbero migliorare per lei.
Niente del travaglio o del parto era andato come Bianca aveva immaginato. Anche l’allattamento le creava problemi, ma lei ce la stava mettendo tutta. Il senso di colpa gli rodeva lo stomaco. La sua parte nel diventare genitore si era rivelata una passeggiata rispetto a quanto aveva vissuto Bianca. Per lui era stata tutta una gioia e un piacere. La sua donna, invece, era quella che aveva passato mesi di estenuante lavoro portando in grembo i gemelli. Aveva sopportato il dolore del travaglio e ora doveva riprendersi da un intervento chirurgico di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
E tutto senza nemmeno una lamentela. Lui era oltremodo impressionato dalla moglie. Proprio quando pensava che niente avrebbe potuto renderlo ancora più orgoglioso di essere suo marito, lei lo stupiva ancora con la sua forza e intelligenza.
Come se avesse percepito il suo sguardo, Bianca lo guardò. Da quando la conosceva, quei due giorni e tre notti in ospedale erano il lasso di tempo più lungo nel quale l’aveva vista struccata e senza addosso quei capi eleganti che di solito gli strappavano un fremito di piacere. In qualche modo, i capelli raccolti in una coda di cavallo raffazzonata e il viso acqua e sapone non facevano che mettere in risalto la sua bellezza. Non c’era donna che potesse apparire più incantevole di lei in un quel momento. Con il cuore gonfio che batteva veloce, Sergei si chiese cosa diavolo avesse fatto per meritarsi quella fortuna.
Condivisero un sorriso che non aveva bisogno di spiegazioni prima di rivolgere lo sguardo ai loro bambini. Lui alla fine riuscì a vestire sua figlia. Poi, come sua suocera gli aveva insegnato, l’avvolse in una delle copertine rosa cipria che Yuri e Lena avevano regalato loro e la sollevò con estrema cura e attenzione. La cullò con fare protettivo e le strofinò il naso sulla sommità della testa, sfiorandole con le labbra il soffice ciuffo di capelli scuri. Inalò il dolce profumo della sua myshka prima di premerle un bacio amorevole sulla guancia.
In seguito si sistemò sulla sedia a dondolo accanto al letto e si godette un momento tutto per sé e la sua bambina continuando a cullarla anche dopo che lei si fu addormentata. Non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo bel visino. C’era così tanto di Bianca in quella bambina, ma riusciva a scorgere anche qualcosa di sé.
— A cosa stai pensando? — Gli chiese Bianca, la voce poco più di un sussurro. La vide accarezzare il volto del figlioletto con un pollice e cercare di convincerlo a succhiare dal seno nella speranza di alimentare così il latte materno.
— Non avrei mai creduto di poter amare qualcuno tanto quanto amo te — rispose onestamente. — Ma ora vedo che mi sbagliavo. È un tipo diverso di amore — aggiunse — ma è forte.
— Incondizionato — osservò Bianca. — È amore incondizionato e totalizzante.
Lui annuì. — Sì.
— Mi piacerebbe Aleksandr. Dalla tua lista dei nomi — proseguì lei. — È un bel nome per un ragazzo.
Dentro di sé, Sergei era contento. Era quello che aveva desiderato di più per il suo primogenito. — Dovremo scriverlo alla maniera americana così sarà più facile per lui a scuola.
— Sì — lei esitò. — E il suo secondo nome? Faremo come dici tu?
Lui sbuffò divertito al ricordo della conversazione che avevano avuto al riguardo. Qualche settimana prima aveva cercato di spiegarle le consuetudini russe sui nomi ed era riuscito solo a confonderla. — No, non credo che Sergeyevich e Sergeyovna sarebbero molto adatti come secondo nome. Non in Texas, almeno — aggiunse con un sorriso.
— No — concordò lei con tristezza. — Ma dovremmo assicurarci che sappiano quali sarebbero stati i loro nomi se fossero nati nel tuo paese.
— Ce ne occuperemo — la rassicurò. Avevano già deciso che i bambini sarebbero cresciuti bilingue e immersi in entrambe le culture. Non si sarebbe poi rivelata un’impresa difficile con i figli quasi coetanei di Dimitri e Nikolai. Vivian dal canto suo, con tono scherzoso, aveva suggerito di dipingere dei murales di Mosca sulle pareti della stanza dei giochi destinata agli amichetti.
Nella speranza di non far piangere Bianca, Sergei si schiarì la gola e le suggerì il primo nome che aveva considerato per suo figlio. — Bradshaw, Bianca. Il suo nome dovrebbe essere Bradshaw e il suo secondo nome Alexander.
Lei lo guardò stupefatta. — Bradshaw? Ma…
— Tuo padre e tuo fratello non ci sono più. Sei l’ultima dei Bradshaw. È giusto che nostro figlio porti avanti il nome della tua famiglia.
La vide mordersi il labbro che aveva cominciato a tremare. — Grazie, Sergei. — Guardò il figlio pronunciando il nome con un sorriso divertito: — Bradshaw Alexander Sahkarov. È davvero impegnativo.
Lui sbuffò ridendo. — Suona molto ambizioso, vero?
— No, è perfetto. È un nome importante che dà la misura dell’uomo che un giorno sarà da grande. Ma…forse dovremmo dargli un soprannome? Alex?
Sergei scosse la testa. — Sasha.
— Sasha — ripeté lei con tono soddisfatto. — Mi piace.
— Bene. Allora è deciso. Ora dobbiamo pensare al tuo nome, myshka. — Passò la punta delle dita sulle esili ciocche di capelli della figlia. — Tu avevi proposto Isabella. A me piace Irina. Possiamo trovare un compromesso? Isabella Irina?
Bianca sorrise. — Mi piace. — Guardò la piccola con uno sguardo amorevole. — Bella.
— Bella — concordò lui e la strinse un po ‘più forte al petto.
— Sasha e Bella —mormorò Bianca con dolcezza.
Provando un senso di appagata felicità come mai gli era capitato in vita sua, Sergei strinse a sé la sua dolce Bella e ricominciò a dondolarsi lentamente. Il suo sguardo vagò dall’angelico volto addormentato della bambina, a Bianca e Sasha. Sua moglie aveva riallacciato la camicia da notte ed era impegnata a coccolare il figlio ormai immerso nel sonno indotto dalla poppata. Sergei venne travolto dall’amore. Dopo tutto il dolore e la perdita che lui e la moglie avevano conosciuto, queste nuove innocenti vite con tutto un futuro davanti a loro, gli riempivano l’anima.
La nostra famiglia. Al settimo cielo, abbracciò Bella e la baciò sulla guancia. La mia famiglia.
E non c’era linea che non avrebbe oltrepassato per tenerli tutti al sicuro.
*Traslitterazione del russo мышка, che in italiano significa topolina.
FINE
Il racconto è protetto da copyright ed è stato tradotto e pubblicato dietro l’espressa autorizzazione di Roxie Rivera.
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